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PRESENTAZIONE di Emanuele La
Porta
La genesi di questa poesia è rurale, non tanto
per i motivi di ispirazione, quanto per gli aurorali umori profondi che
si riversano a flusso pieno nella parola, investendola e plasmandola tanto
da farne strumento di comunicazione di un mondo primigenio che ha del
favoloso e del magico.
Ed è cosi che una quantità caotica di materia si fa immagine, limpida
immagine, che nella sua trasparenza sa attingere anche la valenza di simbolo.
Preferibile a questa dimensione simbolica è la suggestione di certi bozzetti,
di certe trasfigurazioni che nella loro purissima visibilità sembrano
trascinare le sensazioni verso un limite di diafana evanescenza.
Non pensavo che quei brevi frammenti di versi e di parole che ascoltai
qualche sera invernale di tanti anni fa si sarebbero fatte prima semplice
ode e poi raccolta che, in molti momenti caratterizzanti, nell’abbondanza
di particolari e nella densità di certe analitiche sequenze, è rivelatrice
della professione dell’autore e in ultima analisi della sua natura.
Il nuovo hobby comincia a irrompere quando l’autore si accinge a liberarsi
del ruolo troppo assorbente del suo mestiere per attingere lidi di più
pura creatività, spontaneità e libertà...
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E così arriva a riscoprire un mondo e a dare il
senso stupefatto di sentirsi vivere in una realtà a molti ignota, dalla
soglia della quale giudica il nostro esistere: ” ‘u campari nti sta vita
quantu è duru“: e, flirtando con i sentimenti della memoria, vede e sente
cose che hanno del magico: Furna e tannura, ciciuliu ri viecci, ‘ncianu
llustru ‘i luna, ‘u tiempu ca scurri supra ê petri antichi.
Sono vivi anche alcuni fantasmi di senescenza, esorcizzati però dal tentativo,
più che tentativo, del recupero del senso di purezza che, filtrando tutto,
crea un clima di splendido nitore che talora, specie nelle ultime composizioni,
s’intorbida in qualche vezzo barocco.
L’eloquio poetico, proprio di un dialetto singolarmente e intensamente
rustico nella sua arcaicità, è attraversato da un continuo senso di ricerca
e da una curiosità che non è mai maliziosa, tanto da risolversi spesso
in trasalimenti improvvisi davanti al mistero che invade tutto, anche
gli aspetti più quotidiani del nostro vivere.
Questo ricercare pertanto si apre spesso alla scoperta del magico che
non esclude lo sguardo da orizzonti lontani soffusi talora da suggestioni
mistiche. Resta estranea qualsiasi forma di timore dell’ignoto: la vita
non è che perennità di lavoro che non lascia spazio ad alcun senso di
smarrimento e inquietudine.
C’è semmai un certo tono elegiaco, legato a una vivissima sensazione della
perdita, all’inesauribile fatale fluire delle cose e al desiderio di certezze
non raggiunte. Tutto ciò sembra amaro giudizio sul presente che, pur ricco
di tante cose, è avaro di risposte e approdi sicuri per una mente che
non finisce mai di interrogarsi.
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